Verso una scuola senza zaino

Scuole senza zaino è un modello innovativo di insegnamento che si basa su pochi e chiari principi fondamentali, i tre valori: ospitalità, responsabilità e comunità. Le scuole come prime fucine del progresso, in cui si formano i giovani che saranno gli adulti di domani che andranno a votare e domineranno il mercato del lavoro.  A scanso di equivoci, la dicitura «senza zaino» non è letterale, si tratta più di un auspicio.

Il progetto Scuola Senza Zaino è fra i più interessanti esperimenti didattici degli ultimi anni. Si tratta di un modello che mette in evidenza l’organizzazione dell’ambiente formativo, partendo dalla premessa che dall’allestimento del setting educativo dipendono sia il modello pedagogico-didattico che si intende proporre e adottare, sia il modello relazionale che sta alla base dei rapporti tra gli attori scolastici, si legge sul sito dedicato al progetto. 

Non c’è spazio per chi guarda ancora indietro: «Non puoi essere conservatore e stare in una scuola, il grande osservatorio privilegiato da cui puoi vedere come andrà il mondo nei prossimi 20 anni». Ne è convinto Nicola Fonzo, dirigente scolastico presso il Convitto Nazionale Carlo Alberto di Novara, istituto capofila della rete Scuole Senza Zaino da settembre 2022.

Il primo ha a che fare con gli ambienti: «Gli spazi influenzano i processi di apprendimento», spiega Fonzo, «l’immagine classica dell’aula con la cattedra per noi è desueta, superata». Di conseguenza, i banchi sono organizzati a isole composte da gruppi di 4 o 6 studenti. Inoltre, «c’è uno spazio che si chiama agorà dove il docente spiega l’organizzazione della giornata spiegando ai ragazzi su cosa saranno chiamati a impegnarsi nelle ore successive».

La responsabilità

Il secondo valore è la responsabilità, intesa come la libera adesione del ragazzo alla proposta dell’insegnante. «Ricalca il principio montessoriano in cui gli strumenti favoriscono la conquista dell’autonomia e il rinforzo del senso di responsabilità», continua Fonzo, «in altre parole risponde all’esigenza del “non farmi fare tutto quello che voglio, ma aiutami a fare ciò che devo da solo”». 

La responsabilità?

Il terzo e ultimo valore delle Scuole senza zaino è la comunità. Gli stessi spazi educativi sono organizzati per concretizzarne il senso, insegnando ai ragazzi che la differenza la si può fare solo lavorando insieme. «Ad esempio, gli alunni sono responsabili della pulizia e dell’ordine dell’aula», racconta Fonzo, «hanno tutti compiti diversi che vengono assegnati a rotazione».

L’approccio globale al curricolo

La visione pedagogica delle scuole Senza zaino si fonda sul cosiddetto «approccio globale al curricolo». «Tutti gli insegnamenti sono collegati tra loro», aggiunge Fonzo, «il rischio della scuola italiana è spesso quello di parcellizzare gli insegnamenti». Per evitarlo, «è necessario lavorare alle interconnessioni e semplificare le competenze che devono avere i ragazzi una volta usciti dalla scuola». La parola chiave è quindi competenze e non conoscenze, perché ormai «sappiamo che se la cava meglio chi è capace di collegare le diverse competenze usandole in un contesto inedito, a prescindere dalle proprie inclinazioni naturali».
La massima espressione del concetto di interconnessione tra insegnamenti è la «macroarea». Con questo termine si intende l’organizzazione da parte dei ragazzi di un prodotto cui fanno riferimento tutte le discipline curricolari. «Il filo conduttore è un tema comune, come ad esempio il benessere, sul quale sono chiamati a impegnarsi alcune ore alla settimana», spiega il dirigente scolastico, «poi, due volte all’anno, presentano il risultato del loro lavoro». A questo punto entrano in gioco i genitori, chiamati non solo a partecipare a un momento di condivisione come la presentazione della macroarea, ma a tutti gli effetti considerati parte del processo di apprendimento dei figli: «Non sono spettatori e non devono limitarsi a firmare i voti o le note».

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